Aretino (amico di M. Florio) e la fonte storica italiana dell’Amleto |
Scritto da Massimo Oro Nobili
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Sabato 09 Novembre 2019 18:20 |
M.O. Nobili si cimenta in uno studio sull’individuazione del documento contenente la fonte storica italiana dell’Amleto, un’opera che ha un’influenza incalcolabile sulla cultura mondiale (per Harold Bloom, “Dopo Gesù, Amleto è la figura più citata nella coscienza occidentale). Studi consolidati hanno acclarato, inequivocabilmente, che la fonte storica italiana dell’Amleto (e, in particolare, della recita a corte) è il presunto avvelenamento, attraverso le orecchie, del Duca d’Urbino, Francesco Maria I della Rovere, morto il 21 ottobre 1538 (Prof. Geoffrey Bullough [1935, 1978] e Prof. Giorgio Melchiori [1994], anche sulla base di un precedente studio di Elisa Viani [1902]); allo stesso modo, viene ucciso il Re Amleto! L’Autore individua il documento scritto relativo a tale vicenda italiana; infatti, il Drammaturgo afferma che si tratta di una “storia documentata e scritta in italiano molto elegante” (Amleto III, ii, 256-257). Tale documento, ad avviso dell’A., è il fine e forbito documento giudiziario d’accusa (basato sulla confessione del barbiere del Duca), cioè il “processo ordito da’ ministri d’Urbino”, su ordine di Guidobaldo (figlio del Duca ucciso); “copia” di tale documento fu inviata da uno dei due presunti mandanti, Luigi Gonzaga (lettera del 17 aprile 1540), insieme con la promessa di alcuni scudi, al “divino” Aretino, in quanto incaricato di studiare la documentazione, nella qualità di vero e proprio remunerato difensore di Luigi Gonzaga, nel processo medesimo, con forte risonanza mediatica. Aretino era, a sua volta, amico del, parimenti toscano, Michelangelo Florio (come da documentato carteggio); e a lui, a Venezia, dovette, verosimilmente, raccontare tale vicenda e soprattutto il fatto di possedere una copia del predetto documento, proveniente da una delle Corti più autorevoli d’Europa, nel quale si accusava espressamente Luigi Gonzaga di essere uno dei mandanti di un avvelenamento che, per le sue modalità, non aveva precedenti; “un caso unico nell’intera storia del teatro e della letteratura” (Prof. Giovanni Ricci -2005). Anche John Florio conosceva tale vicenda, che - oltre a essergli stata, verosimilmente, raccontata (o tramandata tramite scritti) dal padre Michelangelo - è, comunque, descritta nelle Lettere inviate da Aretino e in quelle da lui ricevute (che il medesimo Johncertifica di aver letto per predisporre il suo dizionario del 1598 - si veda l’Appendice I, in calce allo studio, riferimenti bibliografici No. 65 e No. 18).
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Aretino (M. Florio’s friend) and the Hamlet’s Italian historical source |
Scritto da Massimo Oro Nobili
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Sabato 09 Novembre 2019 18:18 |
M.O. Nobili engages in a study on the identification of the document containing the Italian historical source of Hamlet, a work that has an incalculable influence on world culture (for Harold Bloom, “After Jesus, Hamlet is the most cited figure in the Western conscience”).Well-established studies have unequivocally clarified that the Italian historical source of the Hamlet (and, in particular, of the recital at court) is the alleged poisoning, through the ears, of the Duke of Urbino, Francesco Maria I della Rovere, who died on 21 October 1538 (Prof. Geoffrey Bullough [1935, 1978] and Prof. Giorgio Melchiori [1994], also on the basis of a previous study by Elisa Viani [1902]); King Hamlet is equally killed! The Author identifies the written document relating to this Italian story; in fact, the Dramatist states that “The story is extant, and written in very choice Italian” (Hamlet III, ii, 256-257). This document, in the opinion of the Author, is the fine and polished judicial accusatory document (based on the confession of the Duke’s barber), that is the “accusatory procedure prepared by the ministers of Urbino”, by order of Guidobaldo (the murdered Duke’s son); “copy” of this document was sent by one of the two alleged principals, Luigi Gonzaga (letter on April 17th ,1540), together with the promise of some money, to the “divine” Aretino, who was charged with studying such documentation, in his quality of a Luigi Gonzaga’s remunerated defender, in that complex dispute, with considerable media interest. Even John Florio knew this story, which - besides having been, probably, told (or handed down through writings) by his father Michelangelo - is, however, described in the Letters sent by Aretino and in the Letters that Aretino received (which John himself certifies to have read in order to prepare his dictionary of 1598 - See the Appendix I, at the bottom of the study, bibliographic references No. 65 and No. 18).
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Michelangelo Florio and forgiveness; Shakespeare, “the real dramatist of forgiveness” (Von Balthasar). |
Scritto da Massimo Oro Nobili
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Sabato 09 Novembre 2019 18:15 |
1. M. O. Nobili examines two important letters, in Latin, sent by M. Florio to Cecil: i) in 1551, he denounced 14 of his parishioners for violation of religion (and recalled the strict Old Testament law); ii) in 1552, for his “act of fornication”, he asked for mercy (and recalled Jesus’ New Law of forgiveness in the New Testament).
2. The play Measure for Measure by the Dramatist (as already perceived by R. Romani and I. Bellini-2012), seems a sort of autobiographical work, on the basis of the story that is documented by the said letters.
3. Some passages from Michelangelo’s letter of 1552 (on the themes of justice and mercy, already expressed by Aretino in hisSeven Psalms of 1534 and in his letter to Henry VIII of 1542) are -in an impressive way- found, translated into English, in Portia’s speech in praise of mercy (in The Merchant of Venice )!
4. Shakespeare is “the real dramatist of forgiveness”, according to Hans Urs von Balthasar, in his “Excursus: Shakespeare and Forgiveness”; the “transition from equalizing justice [i.e., from the Old Testament law of retaliation, “An eye for an eye and a tooth for a tooth”] to mercy is one of the innermost motive forces of his art”.
Michelangelo Florio and forgiveness (960.93 kB) |
Michelangelo Florio e il perdono: Shakespeare, “il vero drammaturgo del perdono” (von Balthasar) |
Scritto da Massimo Oro Nobili
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Sabato 09 Novembre 2019 18:12 |
1. M. O. Nobili esamina due importanti lettere, in latino, inviate da M. Florio a Cecil: i) nel 1551, egli denunciava 14 suoi parrocchiani per violazione della religione (e richiamava la rigorosa legge del Vecchio Testamento); ii) nel 1552, per un suo “atto di fornicazione”, chiedeva misericordia (e richiamava la Nuova Legge del perdono di Gesù nel Nuovo Testamento).
2. L’opera Misura per misura del Drammaturgo (come già percepito da R. Romani e I. Bellini-2012), sembra una sorta di opera autobiografica, sulla scorta della vicenda documentata nelle citate lettere.
3. Alcuni brani della lettera di Michelangelo del 1552 (sui temi della giustizia e della misericordia, da Aretino, già, espressi nei Sette Salmi del 1534 e in una lettera a Enrico VIII del 1542) si ritrovano,in modo impressionante, tradotti in inglese, nel discorso di Porzia in lode della misericordia (ne Il mercante di Venezia)!
4. Shakespeare è “il vero drammaturgo del perdono”, secondo Hans Urs von Balthasar, nel suo “Excursus: Shakespeare e il perdono; il “trapasso dalla giustizia compensativa [cioè dalla legge veterotestamentaria del taglione, dell’“occhio per occhio, dente per dente”] alla misericordia è una delle molle moventi più profonde dell’arte del Drammaturgo”.
Michelangelo Florio e il perdono (1.37 MB) |
La “malinconia” di Francesco Spiera (descritta da Pier Paolo Vergerio) e la “malinconia” di Amleto (Spunti per una ricerca). |
Scritto da Massimo Oro Nobili
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Sabato 09 Novembre 2019 18:02 |
M. O. Nobili, in questo studio avanza una nuova tesi circa la “malinconia” di Amleto. Secondo gli studiosi (Proff. Giorgio Melchiori e Paolo Bertinetti), una “fonte” della “malinconia” di Amleto, sarebbe il Trattato della Malinconia di Timothy Bright (1586). Ad avviso di Nobili, una fonte precedente potrebbe aver influenzato il Drammaturgo: la tragica vicenda di Francesco Spiera (in Cittadella e Padova), come narrata e pubblicata da Pier Paolo Vergerio nel 1551 a Poschiavo e la cui storia si diffuse in tutta Europa. Lo Spiera, dopo aver pubblicamente abiurato alla sua fede evangelica, cadde in una “maliconia” profonda che lo condusse sino alla morte (1548). Vergerio, profondamente impressionato da tale vicenda (della quale era stato il più importante diretto testimone), evitò di abiurare alla propria fede e fuggì in esilio religionis causa in Svizzera (1549); a Tubinga, Vergerio fu sovrintendente all’educazione di John Florio dal 9 maggio 1563 sino alla propria morte (4 maggio 1565).
La malinconia di Francesco Spiera (514.2 kB) |
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